domenica 13 febbraio 2011

Le gambe di Sonia - Capitolo 2: Prospettive (parte 5)

Ormai mi trattava con sufficienza noncuranza e le mie parole e obiezioni non avevano più alcun peso ai suoi occhi. Si alzò dalla poltrona e fece nuovamente il giro della scrivania venendo verso di me, ripetendomi di spogliarmi.

Feci come voleva, e iniziai a sbottonarmi la camicia.
Mi voltai verso di lei, sperando che fosse sufficiente, ma Sonia scosse la testa dicendomi che mi voleva completamente nudo. Mi spogliai del tutto, lentamente e con imbarazzo.
Mi ritrovai nudo di fronte a lei, chiedendomi se volesse soltanto umiliarmi o se avesse anche altre intenzioni.

“Mmm, normale...”, commentò rivolgendo lo sguardo verso i miei genitali, “ora inginocchiati.”
Di nuovo feci come mi chiese, sperando soltanto che tutto finisse il prima possibile.
Sentivo il suo sguardo su di me, ma continuavo a guardare dritto nel vuoto per non darle la soddisfazione di leggere l'umiliazione nei miei occhi.
Si avvicinò a me e poggiò la suola della scarpa sul mio pene.
Dei piccoli spasmi iniziarono a pervadermi il corpo, come in attesa che arrivasse una pressione più forte da un momento all'altro.
Sonia era divertita da quella mia preoccupazione e il suo compiacimento nel tenermi sulle spine era visibile a occhio nudo.

Io dal canto mio ero talmente preso dal nascondere la mia umiliazione e dal prepararmi a ricevere un calcio che non mi accorsi di quello che in realtà stava accadendo. Per quanto fastidioso fosse il contatto fra il mio pene nudo e la suola della sua scarpa, sfregando impercettibilmente ma continuamente Sonia era riuscita a farmelo diventare leggermente duro. A quel punto le bastò premere un po' verso il basso e lasciare di colpo per farmi ritrovare nudo ai suoi piedi con una mezza erezione.

La vidi nuovamente sorridere compiaciuta con le braccia conserte di fronte a me.
“Adesso toccati...”, mi intimò con aria vittoriosa.
Esitai un attimo e alzai lo sguardo verso di lei come a volerle dire “non crederai che lo faccia davvero.”
“Guardati”, commentò la mia reazione, “sei nudo, in ginocchio davanti a me con le gambe aperte e il cazzo mezzo eretto... non vorrai davvero costringermi a prenderti a calci...”, concluse quasi ridacchiando.
Obbedire di fronte a quella minaccia faceva quasi più male di quanto avrebbe fatto un calcio nelle palle. Ma ormai sapevo che avrebbe ottenuto quello che voleva, e rifiutarmi avrebbe voluto dire soltanto essere preso di nuovo a calci per poi toccarmi lo stesso di fronte a lei.
Feci quindi come voleva, sperando si trattasse solo di una provocazione, e iniziai a toccarmi lentamente. Di nuovo vidi quel sorriso sulla sua faccia che mi diventava ogni volta più odioso.

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