martedì 8 febbraio 2011

Le gambe di Sonia - Capitolo 2: Prospettive (parte 1)

Avevo voglia di stare un po' da solo ed evitai la mensa aziendale.
Presi la macchina e andai a mangiare in una pizzeria poco distante. Vicina agli uffici dell'azienda era però situata in una posizione scomoda per il parcheggio, motivo per cui a mezzogiorno non era mai troppo affollata e riuscivano a servire i clienti molto velocemente.
Presi una pizza alle verdure e una coca cola, cercando di pensare a qualcosa che mi facesse sentire meglio o che mi facesse trovare un modo per uscire da quella situazione che sembrava essere destinata a diventare ben più pesante di quanto avessi immaginato quando la mattina Sonia si era presentata nel mio ufficio.
I pensieri però sembravano bloccati; era come se il piede di Sonia fosse ancora lì a premere sulle mie palle impedendomi di pensare lucidamente, e più provavo a pensare più mi sentivo impotente e mi innervosivo.
Rinunciai così a trovare una soluzione rapida, anche perchè la pausa pranzo stava scorrendo via troppo rapidamente, e a quel punto quasi non vedevo l'ora di essere nell'ufficio di Sonia, almeno per sapere cosa avesse in mente, per poi aspettare la fine della giornata, tornarmene a casa e farmi un bel bagno bollente per provare a rilassarmi e ritrovare la concentrazioen necessaria.

Alle 14:15 in punto bussai alla porta dell'ufficio di Sonia ed entrai.
“Chiudi la porta. A chiave”, esordì senza distogliere lo sguardo dal monitor del computer.
“A chiave?”, le chiesi come se non ne vedessi il motivo.
“Non si sa mai”, rispose tranquillamente.
La assecondai e chiusi a chiave al porta dell'ufficio, rimanendo in piedi mentre lei armeggiava ancora al computer.
“Ok”, si alzò infine, “ora facciamo il punto della situazione.”
Sonia fece il giro della scrivania e ci si sedette sopra accavalando le gambe.
“C'è altro da dire?”, le chiesi con tono retorico, “Hai ottenuto quello che hai voluto, la cosa rimarrà fra noi, e non vedo cosa altro ci debba essere.”
“Be', c'è sempre la questione del tuo colloquio con mia cugina in quello studio grafico che, come sappiamo bene, per te ha molta importanza.”
“Io ti ho coperto con Katya, tua cugina mi farà passare il colloquio. Mi sembra tutto così lineare...”
Questa volta ero io a cercare di ostentare una sicurezza che non avevo, e per simulare tranquillità mi sedetti comodamente su una delle poltroncine che stavano appoggiate al muro di fornte alla sua scrivania. Poi continuai: “E per quanto riguarda lo spettacolino che hai messo su dopo la riunione, lo archivierò come un momento di poca lucidità per la tensione accumulata e farò finta che non sia successo nulla.”

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