lunedì 1 novembre 2010

Le gambe di Sonia - Capitolo 1: La riunione (parte 5)

Era tutto strano, e poi stava succedendo tutto così in fretta, anche la telefonata era stata rapidissima.
Sonia non era mia amica, avevo poco da guadagnarci e molto da perderci. E poi... potevo fidarmi?
Non era una decisione semplice da prendere e c'erano anche altre cose da valutare: se rifiutavo il favore a Sonia poi rischiavo di avere chiuse le porte di quello studio grafico per cui tanto mi sarebbe piaciuto lavorare. Sonia non aveva voluto lasciarlo intendere, ma era ovvio che come Michela avrebbe potuto farmi avere il posto, poteva anche negarmelo per ripicca. Inoltre, se la riunione delle dieci non avesse chiarito come erano andate le cose, ci sarebbe stata probabilmente una specie di indagine aziendale, che era sempre una cosa rognosa, e non era esclusa una conclusione a giustizia sommaria in cui ci avrebbero rimesso un po' tutti.
Rifiutare la proposta di Sonia non garantiva un lieto fine, ma nemmeno accettarla dava garanzie che tutto finisse bene, anzi garantiva comunque qualche guaio per me in azienda. E poi c'era Tanya.

Tanya era la ragazza con cui convivevo da un anno. Ci avevo messo un po' a convincerla ad andare a vivere insieme. Nessun problema sentimentale, ma le mie ambizioni creative gettavano ai suoi occhi qualche ombra sulla mia affidabilità economica. Il solito cliché. Non è che fossi uno che voleva vivere di arte, però era capitato che lasciassi qualche posto di lavoro perché sentivo la mia creatività troppo soffocata. Questo le faceva un po' paura, e le cose erano cambiate quando riuscii a farmi assumere per questa grossa multinazionale. Per lei era stata la prova che avevo la testa sulle spalle, e se fossi stato licenziato in quel modo, sapendo che io e Sonia non eravamo certo grandi amici, rischiavo che si mettesse in testa che avevo colto la palla al balzo per lasciare un lavoro che non mi piaceva troppo. Già non era stato facile farle accettare che stavo facendo dei nuovi colloqui per degli studi grafici e che avrei guadagnato di meno; ma il fatto che comunque non avevo grosse prospettive di carriera in quel ruolo, mentre in uno studio grafico avrei potuto fare esperienza per progetti più remunerativi era riuscito a controbilanciare le cose. Rischiare il posto in questo modo però avrebbe potuto incrinare questo equilibrio.

Tuttavia avere la strada in discesa nel mio prossimo colloquio non era una brutta prospettiva, ed eventualmente avrei potuto provare anche a tirare un po' sullo stipendio per avere già in partenza qualcosa in più di quello che mi avrebbero proposto all'inizio.

La sigaretta era finita, e io mene tornai verso il mio ufficio. Sonia era sulla porta ad aspettarmi, aveva l'aria impaziente ed era tornata la Sonia che conoscevo: impaurita, insicura, nervosa. Mi era sembrato troppo strana infatti la simpatica sicurezza che aveva ostentato pochi minuti prima. Per una cosa del genere, con quello che c'era in ballo, me la sarei aspettata più facilmente in lacrime a dirmi che se non l'aiutavo per lei era la fine, che era sola, che ero l'unico che potevo aiutarla e che il lavoro per lei era tutto.

E in effetti il lavoro per lei era tutto, o quasi. Nella sua vita c'erano giusto due gatti e un flauto che suonava accompagnando un coro amatoriale. Aveva avuto qualche uomo, ma si era trattato più che altro di qualche disperato che dopo un po' si era tirato indietro.

Era di nuovo la solita Sonia, la sua insicurezza metteva ansia soltanto a vederla, tanto da far venire voglia che esplodesse all'istante; esprimeva a tal punto un senso di consapevole debolezza che avrebbe fatto venire a chiunque il desiderio di trattarla male, ma allo stesso tempo sembrava che anche un solo sospiro di fastidio avrebbe potuto ucciderla.

“Scusa è che mi chiedevo... ti ho detto vero che fra due settimane discutono la mia promozione? Sai, ecco... non ero sicura di avertelo detto...”
“Sì”, la interruppi alzando gli occhi al cielo, “me lo hai detto della promozione, e ti ho detto che ci penserò. E per pensarci ho bisogno di starmene un po' da solo.”
“Sì, sì, scusa, era solo che non ero sicura di averti detto... e poi... sei l'unico che può aiutarmi...”
“Ok, ok”, la rassicurai, “ma ora, davvero, fammici pensare un po' da solo, ok?”
“Sì, sì, scusami, ma pensaci davvero...”

Uscì dal mio ufficio dopo essere tornata la solita Sonia, e io mi sedetti alla scrivania facendo quello che mi aiutava meglio a trovare le soluzioni quando non sapevo che scelta prendere: fare altro mentre ascoltavo musica. Così mi misi a lavorare.
Le 9:30 arrivarono in fretta, io mi aspettavo di vedere da un momento all'altro Sonia ripiombare nel mio ufficio o tempestarmi di telefonate, quindi decisi di andare a prendere un caffè' alle macchinette, fumare una sigaretta in giardino, e poi recarmi direttamente al quarto piano dove si sarebbe svolta la riunione.

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