lunedì 1 novembre 2010

Le gambe di Sonia - Capitolo 1: La riunione (parte 6)

Alle 9:50 entrai nella cosiddetta Sala Rossa, il cui nome derivava dal colore delle sedie, con il portatile su cui avevo caricato il backup del mio lavoro e i documenti del briefing riguardante la presentazione incriminata.
Erano già presenti due sistemisti, Sonia, altri due colleghi della Ricerca e Sviluppo e una delle direttrici del marketing. Sonia chiacchierava tranquillamente con i suoi due colleghi, e questo per me era un sollievo, visto che temevo iniziasse ad assillarmi anche prima della riunione. Non mi gettò nemmeno uno sguardo, ed era un comportamento comprensibile, specialmente se pensava che io l'avrei coperta.

Io in verità non avevo ancora deciso nulla. Aspettavo di vedere come sarebbe andata la riunione, e onestamente preferivo rinunciare al lavoro presso lo studio grafico in cui lavorava la cugina di Sonia, aspettando un'altra opportunità soddisfacente, piuttosto che litigare con Tanya se avessi perso il posto attuale.

Alle 10:01 Katya entrò nella Sala Rossa. Katya era la vicepresidentessa di filiale che aveva convocato la riunione. Era una donna di 39 anni, riccia e mora, con una carnagione scura e dei lineamenti quasi caraibici. Era molto affascinante, sicura di sé e di lei si diceva fosse un buon capo; una di quelle persone che non ti risparmia quando deve metterti sotto, ma che non si risparmia nemmeno nel gratificare i dipendenti quando lo meritano.
Indossava un elegante tailleur blu scuro, con una vistosa ma sobria camicia rossa in tinta con le decoltè a punta che calzava. Un bel paio di scarpe, sicuramente costoso, di un rosso vivo, con tacco dodici a spillo in metallo.

“Sarò breve”, esordì senza nemmeno darci il tempo di sedere ,“sapete tutti perché siamo qui. Ora io uscirò da questa stanza e rientrerò fra dieci minuti. Se riuscite a dirmi voi chi ha sbagliato la facciamo breve, altrimenti dovrò fare io qualche domanda e, nel caso non salti fuori un colpevole, dovrò avviare una indagine aziendale con dei consulenti esterni; cosa che influirà ulteriormente sui premi di produzione, già messi a rischio da questo piccolo disguido”, e il piccolo era molto ironico.
“Non c'è bisogno”, continuò, “che vi ricordi come una indagine aziendale con dei consulenti esterni significhi anche perdite di tempo, che si tradurrà in richieste di straordinari non pagati e rischio che poi saltino fuori altri problemi di cui nessuno si è ancora accorta. Confido nel vostro buon senso.”
Sorrise, girò i tacchi e uscì dalla porta, chiudendola delicatamente.

Per dieci minuti ci guardammo tutti negli occhi. Era evidente che ciascuno aveva la sua personale idea di chi avesse combinato il guaio, e soprattutto la certezza di non aver commesso alcuno errore. Tutti eccetto Sonia, la quale però dissimulava sicurezza, probabilmente confidando nell'aiuto che mi aveva richiesto. Il silenzio generale era dovuto al fatto che chiunque avrebbe reputato antipatico puntare il dito verso qualcuno, col rischio poi però di dover ammettere che aveva sbagliato, col rischio di incrinare rapporti con colleghi di un diverso dipartimento con i quali però bisognava lavorare spesso gomito a gomito.

Katya rientrò dieci minuti esatti dopo essere uscita e, sempre con grande calma, rimase sulla porta limitandosi a chiedere: “Qualcuno ha qualcosa da dire? Se sì bene, altrimenti mi aspettate tutti fuori eccetto i due sistemisti.”

Qualche secondo di silenzio e Katya sorrise facendoci cenno di uscire.
Mentre aspettavamo fuori dalla porta ci limitavamo a guardarci un po' senza dire niente. La calma olimpica di Katya in effetti ci aveva spiazzato, lasciandoci un po' tutti preoccupati.

Quando quindici minuti dopo si aprì la porta cercammo qualche risposta negli sguardi dei due sistemisti, i quali ci fecero pero' chiaramente capire che non si era smosso niente. Katya si avvicinò alla porta, disse alla direttrice del marketing che poteva andare e fece entrare me e Sonia.
Ci accomodammo con Katya seduta a capotavola, io alla sua destra e Sonia di fronte a me, alla sua sinistra. Ci guardò per un po', rimanendo in silenzio mentre il suo sguardo oscillava a destra e a sinistra. Ogni tanto dava un'occhiata a dei fogli che teneva in una cartelletta e poi riprendeva a guardarci.

Io, onestamente, ero ancora indeciso sul da farsi, e avevo un'aria non insicura ma perplessa. Sonia sembrava che si stesse trattenendo dal tramare, ostentando qualche sorriso ogni volta che lo sguardo di Sonia si posava su di lei.

Quando Katya chiuse la cartelletta mi guardò e mi disse con molta tranquillità: “Dunque... da quello che mi hanno fatto vedere i sistemisti, la questione potrebbe essere molto semplice. Alle 16:09 di mercoledì Sonia ha fatto l'ultimo salvataggio dei dati sul server, e i dati sono quelli corretti. Da questo conseguono chiaramente tre ipotesi: la prima è che hai prelevato i dati prima di quell'orario e hai chiesto conferma a Sonia che i dati fossero giusti. E in questo caso il danno sarebbe colpa sua, se ti avesse detto di sì prima di controllare che i dati salvati nel database fossero davvero quelli corretti. La seconda ipotesi è che prima hai prelevato i dati e poi hai chiesto conferma a Sonia. Lei ti ha risposta affermativamente non sapendo però che i dati li avevi prelevati prima del suo ultimo salvataggio. In questo caso l'errore è stato tuo. La terza è che avete fatto casino entrambi e i sistemisti erano ubriachi.”

Anche mentre spiegava questo rimaneva calmissima, come se si trattasse di un problema da niente.
Io tenevo lo sguardo fisso su di lei, mentre con la coda dell'occhio notavo che Sonia mi guardava quasi implorante, controllando a sua volta con la coda dell'occhio che Katya non la stesse guardando.

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